Sport
Il primo sportivo che tenne sveglia di notte l’Italia
Nino Benvenuti è stato il primo sportivo capace di unire il Paese davanti alla TV di notte. Un campione elegante, olimpico e mondiale, ora icona eterna.

Lo sport italiano è a lutto per la morte di Nino Benvenuti, campione olimpico e mondiale di pugilato che rese l’Italia orgogliosa davanti alla TV.
“Nino Benvenuti: il primo campione che unì l’Italia notturna
La notte tra il 17 e il 18 aprile 1967, milioni di italiani restarono svegli per vedere un pugile triestino sfidare il mondo. Quel pugile era Nino Benvenuti, che quella notte conquistò il titolo mondiale dei pesi medi battendo Emile Griffith al Madison Square Garden di New York. Un evento sportivo, ma anche culturale: era la prima volta che lo sport costringeva il Paese a cambiare ritmo sonno-veglia.
Oro a Roma 1960: nascita di una leggenda
La carriera di Benvenuti decolla con la medaglia d’oro alle Olimpiadi di Roma del 1960. Quel successo, nella categoria welter, lo lancia come simbolo della rinascita italiana del dopoguerra. Elegante sul ring, tecnico e corretto, diventa un’icona nazionale. La Gazzetta dello Sport lo ha definito “il pugile gentiluomo”.
Un campione anche fuori dal ring
Benvenuti non è stato solo un pugile. È stato anche volto televisivo, dirigente sportivo, promotore dello sport pulito. La sua immagine elegante e pacata ha contribuito a ridefinire la figura dell’atleta moderno, lontano dagli eccessi e vicino alla gente.
Un’eredità che va oltre il pugilato
Con la sua morte a 87 anni, l’Italia perde uno dei protagonisti assoluti dello sport del Novecento. Ma la sua eredità rimane: Benvenuti è stato un pioniere anche nella comunicazione sportiva. Fu il primo a far percepire lo sport come fenomeno collettivo notturno, una diretta televisiva che univa intere famiglie davanti al piccolo schermo.
Conclusione: la boxe come arte, Nino come maestro
Ricordare Nino Benvenuti significa ricordare un’epoca in cui lo sport era racconto, passione, unità nazionale. Il suo esempio resta scolpito nella memoria di generazioni intere e il suo nome rimarrà sinonimo di sport italiano di qualità.
Fonti: Gazzetta dello Sport, La Sintesi
”Sport
Perché Ranieri ha detto no alla Nazionale
Ranieri e i suoi legali avevano discusso con la Federazione di tutti i termini del contratto, compreso un memorandum che avrebbe dovuto regolare il doppio ruolo che l’ex allenatore giallorosso voleva mantenere anche per rispetto alla parola data ai Friedkin. Ma nella notte tra lunedì e martedì ha capito che questo ruolo avrebbe creato dei problemi alla Roma
”Perché Ranieri ha detto no alla Nazionale
Claudio Ranieri ha sorpreso molti con la sua decisione di non accettare il ruolo di commissario tecnico della Nazionale italiana. Una scelta che ha suscitato dibattito nel mondo del calcio e che, secondo fonti vicine all’allenatore, è legata al rispetto di impegni già presi.
Le trattative con la Federazione
Ranieri e i suoi legali avevano avviato da giorni un dialogo con la FIGC, definendo tutti gli aspetti del contratto. Il nodo principale riguardava la volontà dell’allenatore di mantenere un doppio incarico, continuando a collaborare con la Roma in una funzione ancora da precisare, come gesto di rispetto nei confronti della società giallorossa e del presidente Friedkin.
Una decisione ponderata
Nella notte tra lunedì e martedì, Ranieri avrebbe riflettuto a lungo su questa possibilità. La consapevolezza che il doppio ruolo potesse generare conflitti d’interesse o compromettere l’equilibrio all’interno della Roma lo ha portato a fare un passo indietro.
Le reazioni
La decisione ha ricevuto commenti misti. Alcuni tifosi e addetti ai lavori hanno elogiato la coerenza e l’integrità dell’allenatore, mentre altri vedono in questa scelta un’occasione mancata per la Nazionale italiana, alla ricerca di una nuova guida carismatica e competente.
Quel che è certo è che Claudio Ranieri ha voluto privilegiare la stabilità e la lealtà a scelte affrettate, dimostrando ancora una volta il suo stile inconfondibile nel mondo del calcio.
”Sport
La paura di un altro Mondiale sul divano
Imbarazzo, sconforto, incredulità. Tutti sentimenti tornati a galla dopo la notte di Oslo. Una notte che ha confermato quello che già sapevamo: l’Italia è ormai una nazionale di secondo piano e la possibilità di saltare il terzo mondiale consecutivo è concreta. Si poteva soffrire, si poteva pure perdere contro la Norvegia, nazionale che per tecnica ed individualità, al momento, ci è probabilmente superiore. Ma la scena muta offerta dalla nazionale di Spalletti apre nuovi scenari e nuovi dubbi. Anche sulla direzione tecnica
Imbarazzo, sconforto, incredulità. Tutti sentimenti tornati a galla dopo la notte di Oslo. Una notte che ha confermato quello che già sapevamo: l’Italia è ormai una nazionale di secondo piano e la possibilità di saltare il terzo mondiale consecutivo è concreta. Si poteva soffrire, si poteva pure perdere contro la Norvegia, nazionale che per tecnica ed individualità, al momento, ci è probabilmente superiore. Ma la scena muta offerta dalla nazionale di Spalletti apre nuovi scenari e nuovi dubbi. Anche sulla direzione tecnica
”Mondiale a rischio: la notte di Oslo
L’Italia affronta una delle peggiori crisi sportive della sua storia recente. Dopo la sconfitta con la Norvegia, la Nazionale è a rischio eliminazione per il terzo Mondiale consecutivo. Una condizione impensabile solo pochi anni fa, ma che oggi è la dura realtà.
Una nazionale in crisi di identità
Sotto la guida di Luciano Spalletti, l’Italia sembra aver perso smalto, idee e grinta. La partita contro la Norvegia non ha mostrato miglioramenti, ma piuttosto un’involuzione nel gioco e nella mentalità.
I numeri che fanno paura
La Norvegia ha surclassato gli Azzurri in quasi tutti i parametri: possesso palla, tiri in porta, chilometri percorsi. Ma ciò che preoccupa maggiormente è la totale assenza di reazione da parte della squadra italiana.
Quali prospettive per il futuro?
Il rischio di non partecipare al Mondiale del 2026 è concreto. La FIGC dovrà prendere decisioni forti, valutare l’operato dello staff tecnico e ripensare il progetto sportivo.
Non è più solo una questione sportiva, ma anche culturale. La Nazionale è il simbolo di un Paese, e quando non funziona, tutto il sistema ne risente.
”Sport
Roland Garros: una finale da leggenda
È diventata la finale più lunga di sempre dell’era Open al Roland Garros: cinque ore e mezza di match combattuto fino all’ultimo secondo. Una partita sempre sul filo del rasoio e di un equilibrio quasi simmetrico tra Sinner e Alcaraz, numero uno e numero due al mondo. Alla fine l’ha spuntata lo spagnolo, già vincitore del trofeo lo scorso anno
”Finale Roland Garros da record
È diventata la finale più lunga dell’era Open del Roland Garros: oltre cinque ore e mezza di tennis ad altissimo livello. Jannik Sinner e Carlos Alcaraz, rispettivamente numero uno e due del mondo, hanno dato vita a un match leggendario.
Una sfida tra giganti
Equilibrio, potenza, tecnica e nervi saldi: la partita è stata combattuta punto su punto, dimostrando ancora una volta come il tennis moderno sia uno sport totale. A trionfare è stato Alcaraz, che ha così conquistato il suo secondo titolo parigino.
I numeri della finale
Con cinque ore e 34 minuti, questa è ufficialmente la finale più lunga del Roland Garros dal 1968. Entrambi i tennisti hanno superato se stessi, regalando uno spettacolo memorabile ai tifosi e appassionati di tutto il mondo.
Sinner: “Darò tutto per tornare più forte”
Il campione italiano non si è abbattuto: “È stata una battaglia. Ora voglio riposare e lavorare per migliorare ancora”, ha dichiarato in conferenza stampa.
Questa finale resterà nella storia non solo per il tempo record, ma per la qualità tecnica e l’intensità emotiva dimostrata da entrambi i protagonisti.
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