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Mondo

La politica per il business: come leggere la visita di Trump nel Golfo

Trump in visita nel Golfo per rafforzare accordi economici. Dietro la diplomazia, una strategia di potere e affari che ignora i diritti umani.

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visita di Trump nel Golfo

Trump trasforma la politica estera in leva commerciale. La sua visita nel Golfo mostra una strategia orientata al profitto, ignorando diritti umani e diplomazia tradizionale.

Visita di Trump nel Golfo: affari prima della diplomazia

La visita di Trump nel Golfo ha segnato un passaggio decisivo nella politica estera americana: gli ideali di supremazia morale e diritti umani hanno lasciato spazio a una logica commerciale spinta. Il presidente ha incontrato Mohammed bin Salman in un clima disteso, senza menzionare il caso Khashoggi e sorvolando su questioni come libertà di stampa e diritti civili.

Una diplomazia fondata sul business

Trump ha firmato accordi per miliardi di dollari in settori strategici come energia, infrastrutture, difesa e tecnologia. La sua strategia mira a trasformare le alleanze in opportunità economiche, rompendo con la tradizionale impostazione morale della diplomazia americana. Come notato da New York Times, la scelta di ignorare le violazioni dei diritti umani punta a stabilizzare partner chiave per il commercio.

La linea rossa cancellata

Durante l’amministrazione Obama, casi come l’omicidio di Khashoggi o l’intervento in Yemen avevano provocato prese di posizione pubbliche. Ora, invece, regna il silenzio. Gli analisti sottolineano come l’etica diplomatica sia stata sostituita da efficienza transazionale. La visita di Trump è un simbolo chiaro: finché ci sono affari, le critiche tacciono.

Bin Salman come garante degli investimenti

Il principe saudita si presenta come interlocutore pragmatico: promette stabilità regionale e protezione degli interessi economici occidentali. In cambio, ottiene legittimazione internazionale. La stampa locale ha celebrato l’intesa come un successo per il piano Vision 2030, che punta a diversificare l’economia saudita.

Una visione contestata

Organizzazioni come Human Rights Watch hanno criticato duramente la visita, denunciando il disinteresse verso i diritti umani. La logica “business first” rischia di rafforzare regimi autoritari, secondo il direttore Kenneth Roth.

Conclusione

La visita di Trump nel Golfo rappresenta un punto di svolta nella diplomazia americana. Al posto della moralità, affari. Al posto dei diritti, contratti. In un mondo sempre più multipolare, la potenza americana si misura ora in trilioni di dollari. Ma a quale costo etico?

Fonti: New York Times, Human Rights Watch, La Sintesi

Guerre

Medioriente, raffica di missili dall’Iran su Israele: almeno 10 morti e 200 feriti

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Ancora una notte di guerra tra Israele e Iran, con Teheran che lancia missili su Israele. Sirene a Tel Aviv, un missile è caduto anche a Gerusalemme. Si registrano almeno otto morti e centinaia di feriti. Per Israele, neppure la guida suprema dell’Iran Ali Khamenei è ‘off limits’. Gli ayatollah minacciano l’Occidente: “Pronti 2mila missili”. Musk sfida la censura e riaccende Starlink

Missili Iran Israele: un nuovo picco di tensione

Missili Iran Israele: la notte tra il 14 e il 15 giugno si è consumata una nuova drammatica escalation tra Teheran e Tel Aviv. La capitale israeliana è stata bersagliata da decine di missili, così come Gerusalemme, dove si registra un alto numero di feriti.

I numeri dell’attacco

Secondo fonti ufficiali israeliane, il bilancio attuale è di almeno 10 morti e oltre 200 feriti. Gli attacchi hanno colpito anche aree civili, provocando panico tra la popolazione. Le sirene hanno risuonato per ore in diverse città.

La risposta di Israele

Il governo israeliano ha dichiarato che “nessuno è off limits”, compresa la guida suprema iraniana Ali Khamenei. Si parla già di raid mirati in risposta all’attacco. Il clima in tutto il Medio Oriente è teso, con una possibile escalation più ampia.

Le minacce dell’Iran

Il regime degli ayatollah ha dichiarato di avere pronti oltre 2mila missili. Si teme un conflitto regionale allargato. L’Occidente osserva con preoccupazione, mentre le diplomazie sono al lavoro per evitare un effetto domino.

Il ruolo di Elon Musk

Nel frattempo, Elon Musk ha riacceso il suo sistema Starlink per aggirare i blackout informativi imposti dal conflitto. La mossa è vista come un atto di sfida contro la censura dei regimi coinvolti.

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Guerre

Atomica e Trump: come cambia il Medioriente dopo gli attacchi all’Iran

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Israele ha avviato l’operazione “Rising Lion”, attaccando otto città iraniane e i vertici di Teheran. Pejman Abdelmohammadi, professore di Relazioni internazionali a Trento, e Farian Sabahi, ricercatrice all’università dell’Insubria: “Netanyahu pretende di cancellare la Repubblica islamica, Trump non ha in mano tutte le leve dello scacchiere e ora Khamenei vuole certamente dotarsi di un’arma nucleare”.

Operazione Rising Lion: Israele attacca l’Iran

Nella notte tra il 12 e il 13 giugno, Israele ha dato il via all’operazione “Rising Lion”, colpendo otto città in Iran, tra cui Teheran. Obiettivi principali: impianti militari, centri strategici e residenze dei vertici politici e religiosi del Paese.

Le ragioni di Netanyahu

Secondo Pejman Abdelmohammadi, docente di Relazioni internazionali, Netanyahu “pretende di cancellare la Repubblica islamica”. Gli attacchi rappresentano una chiara escalation militare e politica che punta alla destabilizzazione dell’attuale leadership iraniana.

Il ruolo (limitato) di Trump

Donald Trump, attualmente presidente degli Stati Uniti, sembra non avere il pieno controllo della situazione. Come afferma la ricercatrice Farian Sabahi, “Trump non ha in mano tutte le leve dello scacchiere”. Il dialogo Usa-Iran sul nucleare si è interrotto dopo le pressioni del fronte conservatore americano e israeliano.

L’incognita nucleare

Uno dei timori principali riguarda la possibile risposta iraniana. “Khamenei vorrà dotarsi di un’arma atomica” commenta Sabahi, evidenziando il rischio di una nuova corsa agli armamenti nella regione. Un Medio Oriente sempre più instabile si affaccia all’orizzonte.

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Guerre

Perché Israele ha attaccato l’Iran (e qual è il ruolo degli Usa)

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Nella notte tra il 12 e il 13 giugno una serie di attacchi israeliani ha colpito impianti nucleari, siti militari e zone residenziali dell’Iran. Tra le cause, il dialogo tra Usa e Teheran sul nucleare: l’intransigenza statunitense, le violazioni iraniane, le pressioni di Israele e dell’ala conservatrice del Partito Repubblicano hanno compromesso in modo significativo il percorso. Quali sono adesso i possibili scenari

Gli attacchi nella notte del 12-13 giugno

Israele ha lanciato un attacco coordinato contro diversi obiettivi in Iran, colpendo impianti nucleari, basi militari e aree civili. Le esplosioni sono state registrate nei pressi di Teheran e in altre aree strategiche. Le fonti ufficiali parlano di decine di vittime e feriti.

Il contesto diplomatico: dialogo in crisi

Dietro gli attacchi si cela la crescente tensione sul programma nucleare iraniano. Negli ultimi mesi, i negoziati tra Usa e Teheran si sono arenati. Washington ha mantenuto una linea dura sulle ispezioni e sulle limitazioni, mentre Teheran ha continuato ad arricchire uranio oltre i limiti consentiti dall’accordo del 2015.

Il ruolo degli Stati Uniti

L’Amministrazione americana, ufficialmente non coinvolta nell’attacco, ha espresso comprensione per le azioni di Israele, affermando che Teheran rappresenta una minaccia crescente. Tuttavia, il supporto implicito e l’allineamento strategico tra Washington e Tel Aviv lasciano intendere un coordinamento più ampio.

Reazioni internazionali

Le reazioni globali sono state contrastanti. L’Unione Europea ha chiesto moderazione, la Russia ha condannato l’attacco e l’Arabia Saudita si è detta preoccupata per l’escalation. Le borse hanno risentito dell’instabilità, con un aumento immediato del prezzo del petrolio.

Scenari futuri

Il rischio di una guerra su vasta scala in Medio Oriente è concreto. Gli attacchi israeliani potrebbero scatenare una risposta iraniana, con possibili ripercussioni anche per le forze statunitensi nella regione. Al momento, Teheran ha minacciato ritorsioni, ma ha anche lasciato intendere di voler evitare un conflitto diretto.

L’equilibrio geopolitico nell’area è fragile, e le prossime settimane saranno decisive per capire se si aprirà una nuova fase di dialogo o se prevarrà l’escalation militare.

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